Questa settimana sono riuscita a leggere un po’ e devo dire che sono molto felice che la Oscar Vault mi abbia dato la possibilità di leggerlo in anteprima.
L’inizio è un po’ lento e difficile però voglio scoprire cosa accadrà, anche perché più vado avanti più si aggiungono personaggi particolari e interessanti. Non so quando riuscirò a finirlo visto che è molto lungo e vorrei riuscire a leggere anche altri libri nel mentre.
Voi lo leggerete?
Ci sono libri che state aspettando con ansia?
“Quell’uomo era l’onorevole Generale dei Mari di Seiiki. Capo del Clan Miduchi, apparteneva alla dinastia dei cavalieri di draghi, i cui membri erano accomunati non solo dal sangue, ma da un obiettivo preciso. Tané desiderava con tutte le sue forze portare quel nome.
Giunti alla scalinata, gli apprendisti si divisero in due schiere e si inginocchiarono fino a sfiorare il pavimento con la fronte. Tané riusciva a distinguere il respiro di Ishari di fianco a lei. Nessuno si alzò. Nessuno si mosse.
Rumore di scaglie contro la pietra. Sentì ogni fibra del suo corpo tender- si, l’aria bloccarsi nei polmoni.
Sollevò lo sguardo.
Erano otto.
Per anni Tané aveva pregato davanti alle statue dei draghi, li aveva studiati, osservati a distanza; così da vicino, però, non li aveva mai visti. La loro mole toglieva il respiro. La maggior parte era di razza seiikinese, con pelle argentea e forme scattanti e flessuose. Le splendide teste spiccavano in cima a corpi lunghissimi dotati di quattro arti massicci culminanti in zampe con tre artigli. I lunghi bargigli che pendevano dai menti mulinavano nell’aria come scie di aquiloni. Per quanto sembrassero giovani, intorno ai quattrocento anni, erano in molti a recare sul corpo i segni del Grande Cordoglio. Avevano le scaglie piene di cicatrici a ventosa, vecchi ricordi delle battaglie contro le piovre giganti.
Solo due di loro avevano anche un quarto artiglio: provenivano dall’Impero dei Dodici Laghi. Uno, il maschio, aveva le ali. La maggior parte dei draghi non era alata e volava grazie a un organo posto sul cranio, noto agli studiosi col nome di corona. Anche ai pochi a cui crescevano, le ali non spuntavano prima dei duemila anni di vita.
L’esemplare alato era il più grande; Tané in tutta la sua altezza gli arrivava a malapena al muso, tra le narici e gli occhi. Per quanto sembrassero fragili come ragnatele, le ali di drago erano in grado di scatenare tifoni. Tané sbirciò la sacca che avevano sotto il mento. Come le ostriche, i draghi po- tevano produrre perle, ma una sola nel corso della vita. Una singola perla che non lasciava mai la sua sede.
Il secondo esemplare lacustrino era una femmina grande quasi quanto il maschio. Aveva le scaglie di un verde chiaro torbido simile a giada e la cresta dello stesso marrone dorato delle alghe di fiume.”
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